martedì 17 novembre 2015

Io c'ero...

... Quel giorno lì, quello in cui il buio è diventato notte invincibile nonostante le sfolgoranti luci di una Ville Lumière bellissima e smarrita.

Ero lì, fra quelle strade, insinuate da un freddo vento novembrino, con le prime foglie dorate a pavimentare i marciapiedi, ed i passanti a stringersi nelle giacche ancora troppo leggere o a ristorarsi nei bistrò, per non sentire l’inverno alle porte, per non sentire la paura alle porte.

Ero lì, quando ho visto sfrecciare a pochi passi da me un’auto nera, a fari spenti, con le ruote urlanti. Magari erano loro, magari no, non lo saprò mai. Ma a poca distanza, uomini e donne già erano bambole di pezza in un tiro al piattello allucinato ed imbecille, erano visi da esplodere a bruciapelo, erano quarti di bestie da offrire in gloria ad un Dio inorridito, mille volte ucciso dall’incredibile, infinita, inspiegabile stupidità dei suoi figli.

Ero lì, cercando rifugio nel Metrò, assordato da sirene, urla e messaggi recitati da altoparlanti gentili ma incomprensibili, di un idioma dolce e musicale ma per me sconosciuto, tenendo per mano mia moglie, guardandola negli occhi per sussurrarci senza parole che avremmo potuto non tornare, che la nostra cucciola avrebbe potuto restare da sola, lontana, senza nemmeno sapere il perchè... così come senza perchè altri cuccioli in quel momento restavano straziati, su un pavimento freddo, distante, troppo distante maledizione!, dal calore delle loro famiglie.

Sono stato lì, siamo stati lì, nelle ore seguenti, in cui una città si è chiusa, spegnendo le luci, chiudendo i portoni, lasciando per strada solo soldati in assetto di guerra e formazione tattica a camminare nel vento, mentre i pochi passanti, addossati a muri incrostati da scritte e graffiti metropolitani, tentavano di essere loro stessi pietre, strada, catrame.

Siamo stati lì, cercando del cibo che ci scaldasse in quelle ore d’angoscia, a litigarci l’ingresso. Entro io, tu sei più importante... se succede qualcosa nostra figlia ha bisogno di te; no, lo sei tu, vado io. Non eroismo ma rassegnata accettazione di un rischio incombente, grave, impossibile da determinare.

Ed ancora siamo stati lì quando, il giorno del giorno dopo, la rabbia per una violenza inumana ha spalancato i portoni, sfondato transenne, riversato uomini e donne in strada, col desiderio di non essere vivi già morti, ma di testimoniare col sangue e la carne che la vita dev’essere libera, che la gioia, la tenerezza, l’amore, devono vincere sul sangue e sulle membra squartate. Terrorizzati ma coraggiosi, tutti per strada, al sole, perchè è meglio piangere pallidi, camminando tremanti ma a testa alta che rintanati al sicuro, sconfitti dalla paura e dalla vergogna.

Ora... ora sono qui, fra le mura protette di casa.

Ma il mio cuore è ancora in quella città, fra quelle strade, con quelle persone, fratelli e sorelle di sangue e dolore e terrore. 

Da oggi io sono parigino, je suis parisienne, io sono chiunque sia offeso, usato, minacciato, ucciso, e voglio urlarlo nonostante la mia umanissima paura, perchè nessuno mai potrà riuscire a farmi essere come non voglio, a farmi odiare, a farmi rinunciare, a farmi nascondere. Mai.